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Data aggiornamento: 2011/01/20
Codice sito fa1273 Codice archivio 12060
Argomento Teologia antica
Domanda concisa
Qual è il punto di vista sciita nella questione del califfato e della successione dopo il Profeta (S)?
Domanda
Qual è il credo sciita riguardo alla questione del califfato e della successione dopo il Profeta (S)? Considerano solo Alì (A) come successore immediato del Profeta (A) e non accettano gli altri califfi che erano compagni del Profeta (S)?
Risposta concisa

Lo sciita crede che:

1.     Il califfato è un’investitura di Dio, il Sublime, e il Profeta (S) ha più volte presentato Alì (A) ai musulmani, per ordine divino, come successore dopo se stesso.

2.     I successori del Profeta (S) sono dodici persone che sono state definite “dodici califfi” nei libri sciiti e sunniti; il primo di loro è Alì ibn Abitalib(A) e l’ultimo l’Imam Mahdi ibn al-Hasan al-'Askari (Aj).

3.     Il nobile Alì (A), nonostante fosse stato investito da Dio e dal Suo Profeta (S) come califfo, durante il periodo in cui certi individui l’avevano allontanato, per il bene dell’Islam e dei musulmani, non si rifiutava di aiutare , attraverso la propria opinione e i propri consigli saggi, compassionevoli e cordiali, i califfi precedenti e non li lasciava soli di fronte ai nemici dell’Islam.

Risposta dettagliata

Il credo sciita riguardo al califfato e la successione del Profeta (A) consiste nei seguenti punti:

1.     L’imam e califfo del Profeta (S) ha dei doveri e delle responsabilità. I doveri generali dell’imam dopo la morte del Profeta dell’Islam (S) sono i seguenti: esegesi dei concetti coranici, insegnare le regole religiose pratiche, impedire la deviazione della società, rispondere alle domande religiose e del credo, stabilire la giustizia nella società e difendere le terre musulmane dai nemici.

2.     L’imam e successore del Profeta (S), dal punto di vista sapienziale ed etico, dev’essere favorito in modo speciale da Dio ed educato tramite l’occulto; cioè dev’essere immune da ogni tipo di sbaglio, dimenticanza e peccato. Per questo motivo l’imam può essere riconosciuto e deciso solamente da Dio attraverso il Profeta (S) o l’imam precedente.

3.     Il Profeta (S) ha presentato l’imam e la guida dopo se stesso, ossia nominando Alì ibn Abitalib (A) come califfo dopo di sé, ha compiuto il proprio dovere. Per questo motivo il nobile Alì (A) si è sempre presentato come giusto e unico califfo immediato dopo il Profeta (S); in varie occasioni rammentò questa questione alla società islamica e ai califfi che l’avevano preceduto, ovvero che il califfato è un’investitura divina e che fu annunciata diverse volte tramite il Profeta (S).

4.     I successori del Profeta (S) sono dodici persone; le parole “dodici califfi”, sono state riportate nei libri sciiti e sunniti. Il primo di loro è Alì ibn Abitalib (A) e l’ultimo l’Imam Mahdi ibn al Hasan al-'Askari (Aj).

5.     I nomi dei nobili Imam (A), successori del Profeta (S), sono i seguenti:

Alì ibn Abitalib; Hasan ibn Alì; Husain ibn Alì; Alì  ibn Husain; Muhammad ibn Alì; Ja'far ibn Muhammad; Musa ibn Ja'far; Alì ibn Musa; Muhammad ibn Alì; Alì ibn Muhammad; Hasan ibn Alì; Imam Mahdi (A).

Per concludere, lo sciita riguardo alla questione del califfato e della successione al Profeta (S) crede che il Profeta (S) su ordine di Dio ha investito il nobile Alì (A) di questo ruolo. Tuttavia durante il periodo che per determinate cause ne fu allontanato, quando c’era bisogno di lui, non si mostrava indifferente verso il destino dell’Islam e dei musulmani; infatti esprimeva la propria opinione conforme agli interessi dell’Islam e della società, in particolar modo dei poveri e degli oppressi.

6.     Per quanto concerne i compagni del Profeta (S), lo sciita crede che per esaminare la personalità di ogni individuo bisogni analizzare il suo comportamento, e il suo rango (cioè quello di compagno del Profeta) non deve ostacolare ciò.

Essere compagno del Profeta (A), nonostante sia un grande privilegio, non significa né essere infallibile né che i propri sbagli non debbano essere considerati. Infatti il sacro Corano ha biasimato alcuni emigrati (dalla Mecca a Medina) e residenti a Medina per i loro chiari errori, come gli ipocriti che non erano conosciuti[1], coloro che avevano una fede debole e i cuori malati[2], ecc.



[1] Sacro Corano, 9:101.

[2] Sacro Corano, 33:11-12.

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